Erik Burgon e Lorenzo Carlini

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27 August 2020

Testimonial bike: L’incontro con Erik Burgon e Lorenzo Carlini

Nel 2002 Erik Burgon aveva 19 anni, era un ragazzo che amava andare in bici e che girava il mondo insieme ad un gruppo di biker professionisti con il Flow Show di Dangerous Dan, uno spettacolo che prevede diverse acrobazie con la bicicletta fra passerelle in legno sospese nel vuoto.

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Il caso ha voluto che questo ragazzo canadese di Vancouver trovasse proprio qui a Finale tutto ciò che lo avrebbe portato a diventare l’uomo che è oggi in ambito sia professionale, che personale: Erik ha permesso infatti alla sua manualità di esprimersi inseguendo una grande passione, modellando il legno e le passerelle per il Flydownpark di Finale Ligure ha realizzato il suo primo bike park, scolpito il suo futuro lavorativo ed è diventando papà creando la sua famiglia insieme alla compagna conosciuta proprio all’Hotel Florenz di Finale.

“Erik è parte della storia di Finale” [nel 2004 ha anche ottenuto la cittadinanza onoraria da parte del Comune di Finale Ligure, ndr], esordisce Lorenzo Carlini, gestore dell’Hotel Florenz, che ha contribuito allo sviluppo del comprensorio finalese in ambito mountain bike.

Incantata dai racconti di Erik e Lorenzo, ascolto con interesse i ricordi di un passato non troppo lontano che si mescolano al presente di una località che può vantare con orgoglio il passaggio e l’impegno di persone che l’hanno elevata al prestigio che oggi riveste in tutto il mondo sia come destinazione bike, che outdoor. Una storia, quella di Erik, iniziata nel cortile dell’Hotel Florenz, lo stesso dove ci sediamo diciassette anni dopo e dove mi descrive come è andata: “L’organizzazione della 24H of Finale aveva trovato lo spettacolo di Dangerous Dan su internet e ci ha invitati qui per esibirci durante la gara. È stata in questa occasione che ho conosciuto Lorenzo Carlini e Mauro Bertolotto. È nato proprio tutto qui al Florenz, la sera dopo la 24H of Finale si è sviluppata questa idea del bike park. Rientrato in Canada mi hanno inviato la traccia del terreno di Finalborgo, dove sarebbe stato costruito il Flydown Park, ed ho iniziato a creare qualcosa sulla carta. Il progetto è piaciuto, hanno trovato i finanziamenti e qualche mese dopo sono tornato qui a Finale per costruire il bike park e ci sono rimasto qualche anno, realizzavamo pacchetti con tour guidati principalmente per turisti tedeschi che prevedevano anche degli allenamenti per le specifiche tipi i salti, le passerelline etc...Costruire bike park era quello che volevo fare, avrei voluto laurearmi in architettura proprio per fare questo. Finale mi ha cambiato la vita”. Erik infatti, che vive in Europa con la sua famiglia, dal 2010 gestisce la sua azienda Parkitect AG specializzata nella modellizzazione di pumptruck, ad oggi installate già in oltre 400 località in giro per il mondo.

“Lo spettacolo che Erik ed il suo gruppo portava in giro per il mondo con Dangerous Dan era una cosa rivoluzionaria per l’epoca -  riconosce Lorenzo Carlini - e rappresentava un modo di fare il bike park”. Erik sottolinea come in British Columbia, la provincia canadese da cui ha origine, lo sviluppo della rete sentieristica sia diverso perché lì il terreno è sempre fangoso e dalla necessità di trovare soluzioni a questo problema sono nate le passerelle in legno, alte, ripide, curve ed i camminamenti da albero ad albero. Il discorso lo porta a ricordare come “la prima pumptrack in legno l’ho fatta per sbaglio. Volevo creare una struttura liscia che tutti potessero utilizzare per provare quella sensazione di vuoto d’aria che si sente quando sembra che le ruote della bici si staccano da terra, senza che questo accadesse realmente perché altrimenti chi non è capace cade e poi rischia di non tornare più in sella ad una bicicletta. Quel movimento tipico di quando si viene cullati da bambini o si sale su una giostra di un luna park. La mia idea era quella di creare questa sensazione per chi non era ancora capace di provare questa cosa in bici. Ed ha funzionato”.

Affascinata da tutto ciò che sto scoprendo grazie a questa chiacchierata, li ascolto con interesse riflettere sull’ambiente completamente cambiato in questi dieci anni in cui Erik mancava da Finale, dove ha trovato una realtà diversa da quella vissuta da lui nel periodo in cui ha abitato qui. Se l’ambiente è migliorato, orientandosi sempre più in un’ottica di accoglienza del turista outdoor è anche merito delle persone che hanno guardato al futuro volendo creare qualcosa di autentico ed hanno creduto nei movimenti lenti dei cambiamenti che portano a grandi risultati. “Dare un senso all’oggi attraverso la visione di domani” afferma Lorenzo Carlini, è questa la chiave che ha permesso, a lui ed alle persone che hanno sempre sostenuto lo sviluppo del comprensorio finalese in ambito mtb, di domandarsi come sarebbe potuto essere il Finalese negli anni futuri ed ottenere i grandi risultati di oggi grazie all’impegno ed al lavoro che tutto questo ha comportato. Spingersi oltre con il pensiero e non limitarsi ad osservare il presente è anche un invito che Carlini fa alle nuove generazioni, lavorare a ciò che dà gioia, alla passione che muove dentro ognuno di noi verso qualcosa, perché è necessario trasmettere emozioni e spingersi alla ricerca di una sensazione di benessere che sia generatrice di grandi cambiamenti. “Oggi dobbiamo cominciare ad immaginare come sarà il mondo fra dieci anni se vogliamo fare qualcosa per i nostri figli e nipoti. Dobbiamo avere occhi per quello che succederà immaginando come sarà il mondo, è l’unico modo per prendere vantaggio per loro e preservare l’autenticità, anche con un’interpretazione personale. È necessario stimolare le persone ad agire, insegnare ai bambini a fare, solo così avranno maggiore consapevolezza su determinate cose”.

È grazie alla condivisione di passioni che si può costruire un mondo migliore, che punti ad una crescita di qualità degli adulti di domani. Un’educazione che possa avere basi anche nello sport, il cui valore è fondamentale come sottolinea Erik, che conclude “bisognerebbe sensibilizzare le amministrazioni anche attraverso la costruzione di pumptrack che possano trasmettere la passione per lo sport ai ragazzi e generare più atleti”. Un sogno semplice. Chissà a quante persone una pumptruck potrà ancora cambiare la vita.

Autore: Erika Scafuro

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